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sabato 12 dicembre 2015

Il tema di Giacomo Salvati, vincitore 2015 per la sezione biennio


TEMA

- 1915-2015: centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel corso della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al Valor Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma (motivo per cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi d’Italia”.
Approfondisci con una ricerca ed esponi gli eventi bellici che più ti hanno colpito di quei terribili anni; commenta con tue riflessioni sia questi, che il gravoso ruolo svolto dai Carabinieri, i quali, oltre all’assolvimento dei compiti tradizionali di mantenimento dell’ordine pubblico nel Paese, furono impegnati a presidiare le prime linee durante le avanzate dell’esercito austro-ungarico, ad assistere e organizzare le retrovie sconvolte dalle colonne di popolazione civile in fuga, a svolgere delicate missioni di spionaggio e controspionaggio, ad esercitare compiti di polizia militare e ad eseguire le sentenze dei tribunali contro disertori e traditori.

SVOLGIMENTO

Durante la Prima Guerra Mondiale (1915-1918) l’Arma dei Carabinieri fu impegnata sia sul campo di battaglia, nelle prime linee e nelle retrovie, sia nelle faccende intestine, oltre che nelle missioni di spionaggio e controspionaggio. I Carabinieri avevano dunque molti oneri da sostenere tra cui il recapito di ordini, polizia giudiziaria, vigilanza sanitaria, mantenimento dell’ordine nei centri abitati e sicurezza nelle comunicazioni.

Nel corso della Grande Guerra morirono oltre 1400 carabinieri e circa 5000 furono feriti. Molti di questi si distinsero per il coraggio, per l’attaccamento al dovere e per l’eroismo dimostrato in battaglia.
Furono decorati interi reparti o singoli militari con 4 medaglie d’oro, 304 di argento, 831 di bronzo e 801 croci di guerra al valore militare. Molti di questi furono autori di veri e propri atti di eroismo.
Uno di loro fu Ernesto Cabruna, soprannominato il “combattente dei cieli”.
Ernesto, abilissimo pilota, fu il primo dei cosiddetti “eroi dell’aria”: piloti di alta preparazione che vantavano brillanti risultati nei combattimenti aerei.
Nacque nel 1889 a Tortona, si arruolò nell’Arma molto giovane e già a diciannove anni si distinse per i soccorsi prestati nella città di Messina, devastata dal terremoto. Nel 1914 fu accolta la sua domanda per il Genio Aviatori di Torino e pochi mesi dopo si qualificò per il pilotaggio.
In un primo momento Ernesto venne impiegato solo per il lancio di volantini e per giri di ricognizione, ma quando ricevette il brevetto per pilotare il biplano da caccia dimostrò subito il suo valore abbattendo in pochi mesi ben tre aerei nemici e diventando molto presto il terrore dei cieli.
Dopo essere stato promosso a sottotenente distrusse due caccia nemici in soli cinque giorni. In questo modo guadagnò due medaglie d’argento. Poi nel novembre del 1917, pur essendo ferito a un braccio, fece cadere due aerei presso Aiello. Alla fine della Guerra fu insignito di una medaglia d’oro per l’eccellente servizio prestato.

Altri eroi degni di essere ricordati furono i combattenti della seconda offensiva sull’Isonzo, nota anche come la Battaglia di S. Michele, avvenuta nel luglio 1915.
Qui 2500 Carabinieri volontari, provenienti da Firenze, Ancona, Bari e Palermo, comandati da Antonio Vannugli, furono incaricati di passare attraverso una breccia a Gorizia. Gli uomini dell’Arma diedero il cambio alla 36esima Fanteria, presidiando una delle trincee più infuocate ed esposte al tiro nemico, tanto che furono decimati, anche a causa della scarsa efficienza delle armi date loro in dotazione. Vannugli ordinò ai suoi uomini di lanciarsi “senza esitazioni”, ma le potenti mitragliatrici degli Austriaci sopraffecero a tal punto gli Italiani che fu stabilita la ritirata.

Ho riflettuto sulla condizione fisica e psichica dei militari impegnati nella guerra del ’15-’18, nota come l’ultima grande guerra di posizione, in cui venne adottata soprattutto la tecnica del logoramento. I militari vivevano in condizioni precarie, tra feci e pidocchi, puzza e sporcizia, con la consapevolezza che uscire dalla trincea significasse andare incontro a morte quasi certa.
Mi chiedo quali fossero le loro riflessioni durante i lunghi ed estenuanti turni di guardia. Probabilmente pensavano ai propri cari, al futuro e sperato ritorno.
Mi domando come facessero a lanciarsi con foga e rabbia nella battaglia cruenta, corpo a corpo, contro altri uomini come loro, che probabilmente avevano gli stessi pensieri.
Mi ha emozionato venire a conoscenza della cosiddetta “Tregua di Natale”, ovvero la breve interruzione degli scontri nel periodo natalizio del 1914, tra la fazione tedesca e quella inglese. Alla Vigilia di Natale successe qualcosa di incredibile, ma che rappresenta ciò che più di umano c’era nei pensieri dei militi. Infatti, oltre ai “cessate il fuoco” stabiliti, si organizzò una partita di calcio nella ‘terra di nessuno’, a manifestazione del forte desiderio di pace delle truppe.

Purtroppo, durante la Prima guerra mondiale, ai Carabinieri fu affidato anche l’ingrato compito di punire i disertori. I casi nell’esercito italiano furono superiori rispetto alle altre milizie poiché, a causa dell’obsolescenza delle armi e dell’inefficacia delle strategie militari, spesso i soldati erano consapevoli di combattere una battaglia persa in partenza.
I Carabinieri, aggregati ad ogni reparto con compiti di polizia militare, unitamente agli ufficiali e ai sottufficiali dell’Esercito, potevano sparare a vista sui ribelli, su chi si rifiutasse di avanzare o su chi ripiegasse disordinatamente perché mitragliato dall’esercito nemico.
Per quest motivo stavano in fila dietro ai soldati, pronti a sparare su chi non andava all’assalto o si ritirava.
Trovo particolare il fatto che i militi dovessero a volte fucilare i loro compagni di battaglione.
Un Carabiniere impegnato in battaglia come fa ad uccidere un suo compagno di vita e di morte?


Per scrivere questo tema mi sono documentato con ricerche su vari siti online, ma soprattutto sul libro “Storia dei Carabinieri” di Francesco Grisi, 1996.


Giacomo Salvati

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