Quest'associazione è stata istituita per onorare la memoria di Piero Salvati, carabiniere e poi funzionario della Pubblica Amministrazione, che è mancato il 18 febbraio 2007. I figli, insieme alla moglie Isabella hanno dato vita alla "Borsa di Studio Piero Salvati", proprio nell'intento di onorarne il ricordo e promuovere la passione di Piero per l'Arma, per lo studio e per la musica.
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sabato 12 dicembre 2015
Ecco la foto dei premiati dell'edizione 2015 presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Alessadnria!
Il tema di Giacomo Salvati, vincitore 2015 per la sezione biennio
TEMA
- 1915-2015:
centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel
corso della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al
Valor Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma
(motivo per cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò
le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al
dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria
delle armi d’Italia”.
Approfondisci con una ricerca ed esponi gli eventi bellici
che più ti hanno colpito di quei terribili anni; commenta con tue riflessioni
sia questi, che il gravoso ruolo svolto dai Carabinieri, i quali, oltre
all’assolvimento dei compiti tradizionali di mantenimento dell’ordine pubblico
nel Paese, furono impegnati a presidiare le prime linee durante le avanzate
dell’esercito austro-ungarico, ad assistere e organizzare le retrovie sconvolte
dalle colonne di popolazione civile in fuga, a svolgere delicate missioni di
spionaggio e controspionaggio, ad esercitare compiti di polizia militare e ad
eseguire le sentenze dei tribunali contro disertori e traditori.
SVOLGIMENTO
Durante la Prima Guerra Mondiale
(1915-1918) l’Arma dei Carabinieri fu impegnata sia sul campo di battaglia,
nelle prime linee e nelle retrovie, sia nelle faccende intestine, oltre che
nelle missioni di spionaggio e controspionaggio. I Carabinieri avevano dunque
molti oneri da sostenere tra cui il recapito di ordini, polizia giudiziaria,
vigilanza sanitaria, mantenimento dell’ordine nei centri abitati e sicurezza nelle
comunicazioni.
Nel corso della Grande
Guerra morirono oltre 1400 carabinieri e circa 5000 furono feriti. Molti di
questi si distinsero per il coraggio, per l’attaccamento al dovere e per
l’eroismo dimostrato in battaglia.
Furono decorati interi
reparti o singoli militari con 4 medaglie d’oro, 304 di argento, 831 di bronzo
e 801 croci di guerra al valore militare. Molti di questi furono autori di veri
e propri atti di eroismo.
Uno di loro fu Ernesto
Cabruna, soprannominato il “combattente dei cieli”.
Ernesto, abilissimo
pilota, fu il primo dei cosiddetti “eroi dell’aria”: piloti di alta
preparazione che vantavano brillanti risultati nei combattimenti aerei.
Nacque nel 1889 a
Tortona, si arruolò nell’Arma molto giovane e già a diciannove anni si distinse
per i soccorsi prestati nella città di Messina, devastata dal terremoto. Nel
1914 fu accolta la sua domanda per il Genio Aviatori di Torino e pochi mesi
dopo si qualificò per il pilotaggio.
In un primo momento
Ernesto venne impiegato solo per il lancio di volantini e per giri di
ricognizione, ma quando ricevette il brevetto per pilotare il biplano da caccia
dimostrò subito il suo valore abbattendo in pochi mesi ben tre aerei nemici e
diventando molto presto il terrore dei cieli.
Dopo essere stato
promosso a sottotenente distrusse due caccia nemici in soli cinque giorni. In
questo modo guadagnò due medaglie d’argento. Poi nel novembre del 1917, pur
essendo ferito a un braccio, fece cadere due aerei presso Aiello. Alla fine
della Guerra fu insignito di una medaglia d’oro per l’eccellente servizio
prestato.
Altri eroi degni di
essere ricordati furono i combattenti della seconda offensiva sull’Isonzo, nota
anche come la Battaglia di S. Michele, avvenuta nel luglio 1915.
Qui 2500 Carabinieri
volontari, provenienti da Firenze, Ancona, Bari e Palermo, comandati da Antonio
Vannugli, furono incaricati di passare attraverso una breccia a Gorizia. Gli
uomini dell’Arma diedero il cambio alla 36esima Fanteria, presidiando una delle
trincee più infuocate ed esposte al tiro nemico, tanto che furono decimati,
anche a causa della scarsa efficienza delle armi date loro in dotazione.
Vannugli ordinò ai suoi uomini di lanciarsi “senza esitazioni”, ma le potenti
mitragliatrici degli Austriaci sopraffecero a tal punto gli Italiani che fu
stabilita la ritirata.
Ho riflettuto sulla
condizione fisica e psichica dei militari impegnati nella guerra del ’15-’18,
nota come l’ultima grande guerra di posizione, in cui venne adottata
soprattutto la tecnica del logoramento. I militari vivevano in condizioni
precarie, tra feci e pidocchi, puzza e sporcizia, con la consapevolezza che
uscire dalla trincea significasse andare incontro a morte quasi certa.
Mi chiedo quali
fossero le loro riflessioni durante i lunghi ed estenuanti turni di guardia.
Probabilmente pensavano ai propri cari, al futuro e sperato ritorno.
Mi domando come
facessero a lanciarsi con foga e rabbia nella battaglia cruenta, corpo a corpo,
contro altri uomini come loro, che probabilmente avevano gli stessi pensieri.
Mi ha emozionato
venire a conoscenza della cosiddetta “Tregua di Natale”, ovvero la breve
interruzione degli scontri nel periodo natalizio del 1914, tra la fazione
tedesca e quella inglese. Alla Vigilia di Natale successe qualcosa di
incredibile, ma che rappresenta ciò che più di umano c’era nei pensieri dei
militi. Infatti, oltre ai “cessate il fuoco” stabiliti, si organizzò una
partita di calcio nella ‘terra di nessuno’, a manifestazione del forte
desiderio di pace delle truppe.
Purtroppo, durante la
Prima guerra mondiale, ai Carabinieri fu affidato anche l’ingrato compito di
punire i disertori. I casi nell’esercito italiano furono superiori rispetto alle
altre milizie poiché, a causa dell’obsolescenza delle armi e dell’inefficacia
delle strategie militari, spesso i soldati erano consapevoli di combattere una
battaglia persa in partenza.
I Carabinieri, aggregati ad ogni reparto con
compiti di polizia militare, unitamente agli ufficiali e ai
sottufficiali dell’Esercito, potevano sparare a vista sui ribelli, su chi si
rifiutasse di avanzare o su chi ripiegasse disordinatamente perché mitragliato
dall’esercito nemico.
Per quest motivo
stavano in fila dietro ai soldati, pronti a sparare su chi non andava
all’assalto o si ritirava.
Trovo particolare il
fatto che i militi dovessero a volte fucilare i loro compagni di battaglione.
Un Carabiniere
impegnato in battaglia come fa ad uccidere un suo compagno di vita e di morte?
Per scrivere questo tema mi sono documentato con ricerche su
vari siti online, ma soprattutto sul libro “Storia dei Carabinieri” di
Francesco Grisi, 1996.
Giacomo Salvati
Il tema di Alessio Pignatelli, secondo classificato 2015 nella sezione biennio
TEMA
- 1915-2015: centenario dell’ingresso
dell’Italia nella Grande Guerra.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel corso
della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al Valor
Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma (motivo per
cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò le sue più
fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di
fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi
d’Italia”.
Approfondisci con una ricerca ed esponi gli eventi bellici che
più ti hanno colpito di quei terribili anni; commenta con tue riflessioni sia
questi, che il gravoso ruolo svolto dai Carabinieri, i quali, oltre
all’assolvimento dei compiti tradizionali di mantenimento dell’ordine pubblico
nel Paese, furono impegnati a presidiare le prime linee durante le avanzate
dell’esercito austro-ungarico, ad assistere e organizzare le retrovie sconvolte
dalle colonne di popolazione civile in fuga, a svolgere delicate missioni di
spionaggio e controspionaggio, ad esercitare compiti di polizia militare e ad
eseguire le sentenze dei tribunali contro disertori e traditori.
SVOLGIMENTO
"Morire
, non ripiegare".
Così
Cadorna era solito dire per incitare l’esercito italiano a prove di tenacia ed
eroismo. Quest’ultimo dimostrò subito la comprensione di tali parole.
Il ruolo dell’Arma nella battaglia dei Podgora
è stato, infatti, uno dei più limpidi esempi di caparbio attaccamento al
dovere. Il 19 luglio 1915, a poco meno di due mesi dall’entrata in guerra
dell’Italia, avvenuta il 24 maggio, il II° e il III° Battaglione misero in atto
una straordinaria avanzata “alla baionetta” verso quota 240 del monte Podgora, presidiata dalle trincee
austriache.
Alle
10,45 venne dato l’ordine di assalto e il III° Battaglione dispose le proprie
compagnie su tre successivi allineamenti. Il fuoco nemico, particolarmente
intenso, portò ad un rallentamento della parte centrale della prima linea,
costituita dall’8° Compagnia. Tale rallentamento provocò, inizialmente, un
parziale arresto della 7° Compagnia, che costituiva la seconda linea, tuttavia
quest’ultima riuscì, con un movimento molto ardito, a scavalcare il reparto che
la precedeva e a raggiungere i reticolati nemici.
In
quest’azione straordinaria perse la vita, tra gli altri, il Capitan Losco, primo ufficiale dei Carabinieri a
trovare “gloriosa” morte in battaglia nella Grande Guerra.
Anche
la 9° Compagnia, insieme al II° Battaglione, con gran coraggio, riuscì a
raggiungere i reticolati, dove l’esercito italiano, malgrado l’intensità del
fuoco austriaco, consolidò le proprie posizioni.
Questo
assalto dimostrò l’eccezionale valore dei Carabinieri, i quali, come scrisse il
Comandante della Brigata Pistoia, “stettero saldi ed impavidi sotto la tempesta
di piombo e ferro che imperversava da ogni parte”.
Nel
corso dei quattro lunghi anni di conflitto, l’esercito italiano non visse
unicamente giornate di gloria, ma anche grandi sconfitte. La disfatta più
importante si verificò tra il 24 ottobre e il 12 novembre 1917 e passò alla
storia come battaglia di Caporetto.
Con
la crisi della Russia dovuta alla rivoluzione socialista, l’esercito austro-ungarico
poté trasferire numerose truppe dal fronte orientale a quello italiano. Alle 2
del 24 ottobre i soldati nemici iniziarono il loro assalto, cogliendo
tatticamente impreparato il Comando italiano, che fu costretto nei giorni
successivi ad ordinare la ritirata prima verso il Tagliamento, poi fino al
Piave.
Fu
proprio in quelle tragiche giornate che emerse maggiormente l’opera dei Carabinieri,
che si distinsero in un’azione senza limiti di competenze. Dovettero mantenere
le truppe compatte e, allo stesso tempo,
proteggere l’esodo della popolazione civile.
Particolarmente
gravoso fu tenere a bada gli “sbandati”, cioè quei militari che, per paura
oppure perché si sentivano traditi dai superiori, si davano alla fuga, mettendo
a rischio non solo la propria incolumità, ma anche quella dei compagni. Tra i
compiti dell’Arma vi era infatti, anche quello di reprimere i disertori, ma
normalmente intervenivamo dopo una sentenza del Tribunale. Durante quella
ritirata, però, furono costretti ad agire arbitrariamente, spesso a rischio
della loro stessa vita.
Riuscirono
a controllare la situazione in modo da evitare perdite maggiori e a permettere
una riorganizzazione dell’esercito, che costituì una nuova linea difensiva sul
Piave.
Se è
vero che “la forza si dimostra passando attraverso difficoltà senza
arrendersi”, allora l’Arma deve essere orgogliosa del valore mostrato nella
Prima Guerra Mondiale. L’operato nella Grande Guerra viene ricordato proprio
perché ciascun Carabiniere è fiero di indossare la propria divisa,
testimoniando con le parole e con
l’esempio gli ideali gloriosi che rappresenta.
Trovo,
pertanto, giusto e coerente, che i militari che, ai giorni nostri, si
distinguono in azione eroiche, vengano premiati nel giorno della Festa
dell’Arma , in quanto questa è stata fissata il 5 giugno poiché in questa data
nel 1920 la Bandiera dell’Arma è stata insignita della prima Medaglia d’ Oro al
Valor Militare, in virtù dello straordinario operato nella Grande Guerra.
Alessio
Pignatelli
Il tema di Sara Raffa, vincitrice 2015 per la sezione triennio
1915-2015: Centenario dell’ingresso dell’Italia
nella Grande Guerra.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel corso della
Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al Valor
Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma (motivo per
cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò le sue più
fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di
fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi
d’Italia”.
SVOLGIMENTO
Duecentoventi
gli alberi del Viale della Rimembranza, a Novi Ligure, vicino alla mia casa.
Non mi ero mai posta la domanda su quegli
alberi e sono stati una vera scoperta in occasione di questo mio lavoro, mentre
mi documentavo alla ricerca dei nomi dei
valorosi militi novesi e del basso Piemonte distintisi nel corso della
Grande Guerra.
Nel 1923, un gruppo di bambini della scuola elementare Pascoli di Novi
ligure piantò 237 alberi nel viale della Rimembranza: un albero per ogni novese
caduto nella Prima guerra mondiale.
Mi crea una certa tristezza sapere che ai giorni nostri, per scelte
varie, politiche e strategiche, diversi alberi sono stati abbattuti: è come se
mancassero alla memoria collettiva alcuni nomi di eroi.
Non conoscevo gli eventi della Grande
Guerra, poiché a scuola il primo ‘900 è stato poco approfondito.
In questo conflitto non mancò il grande contributo dell’Arma. Numerosi
sono stati i Carabinieri valorosi; ho potuto nominarne solo qualcuno, cercando
di ricordare prevalentemente quelli del basso Piemonte.
L'aeronautica
fu una componente estremamente importante per via degli aerei in supporto ai
soldati in trincea. Memorabili restano le parole del leggendario Barone Rossoin
una lettera alla madre: " Quando volo al di sopra delle trincee
fortificate e i soldati gridano di gioia.... Madre, questa è la mia ricompensa
più bella".
Ben 173
furono i piloti militari che si arruolarono nelle file dei Carabinieri,
numerosi dei quali si distinsero per audacia e competenza.
Ernesto
Cabruna, tortonese, a 18 anni si arruolò nei Carabinieri a Roma.
Già a 19
anni si distinse nelle operazioni di salvataggio delle popolazioni durante il
terremoto che nel 1908 colpì la Calabria e la Sicilia.
Gli venne
assegnato il comando della Stazione Carabinieri di Salbertrand, ma decise di
partecipare come volontario durante una battaglia sull'altopiano di Asiago nel
1915, vedendosi assegnata la medaglia di bronzo
al valor militare per aver coraggiosamente soccorso dei feriti.
Tra i
piloti merita sicuramente di essere ricordato il Maggiore Cosma Manera che
riuscì a salvare un gruppo di soldati prigionieri nelle steppe siberiane
organizzando due plotoni e, tra varie avventure, li riportò in salvo in Manciuria, Cina, soccorrendone circa
8000.
Le trincee
erano come dei gironi danteschi in cui i soldati vivevano in condizioni
disumane, con il costante pensiero della morte fuori da quel rifugio da cui
dovevano uscire e combattere con baionette, mazze ferrate, vanghe e qualche
mitragliatrice. Sapevano che ogni loro giorno sarebbe potuto essere l'ultimo,
ma dovevano obbedire all'ordine degli ufficiali.
La
solidarietà era un valore ben presente: il vivere in quel modo angusto,
umiliante, sacrificato li faceva sentire coesi e "nella stessa barca".
A volte
c'erano delle ribellioni che venivano sedate con la fucilazione.
Tutti gli
italiani, nessuno escluso, venivano chiamati alla guerra e chi scappava o
cercava rifugio nelle campagne veniva ricercato dai Carabinieri.
I compiti
dell’Arma erano diversi: dovevano difendere le città da incursioni nemiche, si
occupavano di prevenzione e repressione dei reati comuni, vigilavano sulle
truppe di soldati durante i trasferimenti, proteggevano obiettivi sensibili
come armerie, porti, linee ferroviarie, si occupavano della ricerca di
disertori, proprio come il Carabiniere Luigi Sorgente, ucciso per mano di un fuggiasco.
Il caos
regnava ovunque e spesso si trovavano a dover sedare rivolte popolari esplose
per la penuria di cibo, come accadde a Torino dove fu incendiata la chiesa di san Bernardino.
Non era una
novità per i Carabinieri essere impiegati in eventi bellici, ma quello della Prima
guerra mondiale fu il primo di proprozioni tanto vaste. Benché non fossero
impiegati direttamente sui campi di battaglia, migliaia di uomini dell’Arma
persero la vita collaborando coi combattenti e proteggendo i civili.
Edmondo De
Amicis descrive, nel sacrificio del Tamburino sardo, seppure di molti anni
prima, una scena che era consueta
durante i conflitti, con i Carabinieri a protezione della città e i cittadini
certi di potersi rivolgere a loro in
caso di bisogno.
Sicuramente
uno dei compiti più ingrati era la ricerca dei disertori che, una volta
catturati, laddove non si recassero con immediatezza al fronte, venivano
fucilati, spesso dai loro stessi commilitoni, per rendere la punizione più
esemplare.
Il 19
luglio del 1915 tre battaglioni di Carabinieri furono protagonisti dell'assalto
al monte Podgora, viatico nella riconquista di Gorizia. Erano stati mandati in
1600 e, nell'attesa che venisse loro ordinato l'attacco, contrassero il colera.
Circa 300 di loro perirono per l'epidemia, mentre i sopravvissuti non versavano
in buone condizioni. Il 19 luglio arrivò l'ordine di partire all'attacco e tutti,
ufficiali e non, balzarono fuori dalla
trincea, attraverso il filo spinato. Gli ufficiali, con la pistola in pugno,
inneggiando alla famiglia reale italiana, guidavano le truppe perendo per primi,
mentre davano l'esempio ai subordinati.
I giornali austriaci parlarono di uomini che "parevano ubriachi". Probabilmente
l'alcool rappresentò per tanti soldati l'unico sistema per farsi forza in una
guerra dalle modalità assurde. Si dice che molti utilizzassero l'assenzio,
potentissimo alcolico, proprio per avere il coraggio di andare all’attacco.
Dal 1894 il Corpo dei Carabinieri ha una
sua bandiera, simbolo dell'unità nazionale, che per la prima volta fu portata
in battaglia proprio nel combattimento di Podgora.
Nel 1920 è Stata conferita la medaglia
d'oro al valor militare alla Bandiera dei Carabinieri, grande esempio di
eroismo, abnegazione e assolvimento del dovere da parte dei Carabinieri.
L’Italia
ripudia la guerra, come recita la nostra Costituzione del 1948, e per questo i
Carabinieri continuano ad essere presenti in paesi esteri a protezione di
popolazioni vessate da governi antidemocratici.
Hanno
operato in Palestina negli anni ‘90, nei Balcani, nell'ex-Jugoslavia nel corso
dell’ ultima tremenda guerra civile, spesso con compiti di polizia
internazionale, e in Iraq dove, a Nassiriya, nel 2003, diversi Carabinieri
rimasero uccisi durante un attentato dinamitardo alla loro base. Tale impresa
criminosa costò l'eroico sacrificio del Carabiniere Andrea Filippa che,
nell’intento di sventare il colpo, riuscì a fermare i due attentatori presenti sul
camion e intenzionati a entrare nella base per uccidere tutti i presenti.
A memoria
dei caduti della Grande Guerra e di tutti coloro che si sono sacrificati in
nome di alti ideali, restano gli alberi nel viale, che paiono rinnovare, nelle
giornate autunnali, con la caduta delle loro foglie, le lacrime dei nostri
Caduti che mormorano una preghiera alla Virgo Fidelis.
Nella
certezza che non esiste inverno senza primavera, né notte senza mattina, questi
alberi al contempo evocano la rinascita dell'uomo a nuova vita , con le parole
del poeta Ungaretti: “M'illumino d' immenso”.
Sara Raffa
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