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sabato 12 dicembre 2015

La Stampa, Alessandria 25 novembre 2015. Vince la borsa di studio intitolata al nonno carabiniere e la regala a un altro studente È il nipote del maresciallo Salvati. Premi assegnati a Novi Ligure e Acqui

Ecco la foto dei premiati dell'edizione 2015 presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Alessadnria!

Da destra a sinistra: Pier Angelo Taverna, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, la quale ha rinnovato anche per quest'anno il proprio fattivo sostegno all'iniziativa dell'Associazione Borsa di Studio "Piero Salvati".  Poi, Sara Raffa, vincitrice della sezione triennio e Alessio Pignatelli, secondo classificato della sezione biennio. Tra di loro Andrea Salvati, Presidente dell'Associazione dedicata alla memoria di suo padre, il maresciallo in congedo "Piero Salvati". Giacomo Salvati, vincitore della sezione biennio 2015 è al centro e al fianco del Colonnello Enrico Scandone, dallo scorso settembre il nuovo Comandante Provinciale dei Carabinieri di Alessandria. Al suo fianco il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Tortona, il Capitano Roberto Ghiorzi e il Maresciallo Pierluigi Deriu, Presidente dell'Associazione Nazionale Carabinieri, sezione di Tortona.

Il tema di Giacomo Salvati, vincitore 2015 per la sezione biennio


TEMA

- 1915-2015: centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel corso della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al Valor Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma (motivo per cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi d’Italia”.
Approfondisci con una ricerca ed esponi gli eventi bellici che più ti hanno colpito di quei terribili anni; commenta con tue riflessioni sia questi, che il gravoso ruolo svolto dai Carabinieri, i quali, oltre all’assolvimento dei compiti tradizionali di mantenimento dell’ordine pubblico nel Paese, furono impegnati a presidiare le prime linee durante le avanzate dell’esercito austro-ungarico, ad assistere e organizzare le retrovie sconvolte dalle colonne di popolazione civile in fuga, a svolgere delicate missioni di spionaggio e controspionaggio, ad esercitare compiti di polizia militare e ad eseguire le sentenze dei tribunali contro disertori e traditori.

SVOLGIMENTO

Durante la Prima Guerra Mondiale (1915-1918) l’Arma dei Carabinieri fu impegnata sia sul campo di battaglia, nelle prime linee e nelle retrovie, sia nelle faccende intestine, oltre che nelle missioni di spionaggio e controspionaggio. I Carabinieri avevano dunque molti oneri da sostenere tra cui il recapito di ordini, polizia giudiziaria, vigilanza sanitaria, mantenimento dell’ordine nei centri abitati e sicurezza nelle comunicazioni.

Nel corso della Grande Guerra morirono oltre 1400 carabinieri e circa 5000 furono feriti. Molti di questi si distinsero per il coraggio, per l’attaccamento al dovere e per l’eroismo dimostrato in battaglia.
Furono decorati interi reparti o singoli militari con 4 medaglie d’oro, 304 di argento, 831 di bronzo e 801 croci di guerra al valore militare. Molti di questi furono autori di veri e propri atti di eroismo.
Uno di loro fu Ernesto Cabruna, soprannominato il “combattente dei cieli”.
Ernesto, abilissimo pilota, fu il primo dei cosiddetti “eroi dell’aria”: piloti di alta preparazione che vantavano brillanti risultati nei combattimenti aerei.
Nacque nel 1889 a Tortona, si arruolò nell’Arma molto giovane e già a diciannove anni si distinse per i soccorsi prestati nella città di Messina, devastata dal terremoto. Nel 1914 fu accolta la sua domanda per il Genio Aviatori di Torino e pochi mesi dopo si qualificò per il pilotaggio.
In un primo momento Ernesto venne impiegato solo per il lancio di volantini e per giri di ricognizione, ma quando ricevette il brevetto per pilotare il biplano da caccia dimostrò subito il suo valore abbattendo in pochi mesi ben tre aerei nemici e diventando molto presto il terrore dei cieli.
Dopo essere stato promosso a sottotenente distrusse due caccia nemici in soli cinque giorni. In questo modo guadagnò due medaglie d’argento. Poi nel novembre del 1917, pur essendo ferito a un braccio, fece cadere due aerei presso Aiello. Alla fine della Guerra fu insignito di una medaglia d’oro per l’eccellente servizio prestato.

Altri eroi degni di essere ricordati furono i combattenti della seconda offensiva sull’Isonzo, nota anche come la Battaglia di S. Michele, avvenuta nel luglio 1915.
Qui 2500 Carabinieri volontari, provenienti da Firenze, Ancona, Bari e Palermo, comandati da Antonio Vannugli, furono incaricati di passare attraverso una breccia a Gorizia. Gli uomini dell’Arma diedero il cambio alla 36esima Fanteria, presidiando una delle trincee più infuocate ed esposte al tiro nemico, tanto che furono decimati, anche a causa della scarsa efficienza delle armi date loro in dotazione. Vannugli ordinò ai suoi uomini di lanciarsi “senza esitazioni”, ma le potenti mitragliatrici degli Austriaci sopraffecero a tal punto gli Italiani che fu stabilita la ritirata.

Ho riflettuto sulla condizione fisica e psichica dei militari impegnati nella guerra del ’15-’18, nota come l’ultima grande guerra di posizione, in cui venne adottata soprattutto la tecnica del logoramento. I militari vivevano in condizioni precarie, tra feci e pidocchi, puzza e sporcizia, con la consapevolezza che uscire dalla trincea significasse andare incontro a morte quasi certa.
Mi chiedo quali fossero le loro riflessioni durante i lunghi ed estenuanti turni di guardia. Probabilmente pensavano ai propri cari, al futuro e sperato ritorno.
Mi domando come facessero a lanciarsi con foga e rabbia nella battaglia cruenta, corpo a corpo, contro altri uomini come loro, che probabilmente avevano gli stessi pensieri.
Mi ha emozionato venire a conoscenza della cosiddetta “Tregua di Natale”, ovvero la breve interruzione degli scontri nel periodo natalizio del 1914, tra la fazione tedesca e quella inglese. Alla Vigilia di Natale successe qualcosa di incredibile, ma che rappresenta ciò che più di umano c’era nei pensieri dei militi. Infatti, oltre ai “cessate il fuoco” stabiliti, si organizzò una partita di calcio nella ‘terra di nessuno’, a manifestazione del forte desiderio di pace delle truppe.

Purtroppo, durante la Prima guerra mondiale, ai Carabinieri fu affidato anche l’ingrato compito di punire i disertori. I casi nell’esercito italiano furono superiori rispetto alle altre milizie poiché, a causa dell’obsolescenza delle armi e dell’inefficacia delle strategie militari, spesso i soldati erano consapevoli di combattere una battaglia persa in partenza.
I Carabinieri, aggregati ad ogni reparto con compiti di polizia militare, unitamente agli ufficiali e ai sottufficiali dell’Esercito, potevano sparare a vista sui ribelli, su chi si rifiutasse di avanzare o su chi ripiegasse disordinatamente perché mitragliato dall’esercito nemico.
Per quest motivo stavano in fila dietro ai soldati, pronti a sparare su chi non andava all’assalto o si ritirava.
Trovo particolare il fatto che i militi dovessero a volte fucilare i loro compagni di battaglione.
Un Carabiniere impegnato in battaglia come fa ad uccidere un suo compagno di vita e di morte?


Per scrivere questo tema mi sono documentato con ricerche su vari siti online, ma soprattutto sul libro “Storia dei Carabinieri” di Francesco Grisi, 1996.


Giacomo Salvati

Il tema di Alessio Pignatelli, secondo classificato 2015 nella sezione biennio

TEMA

- 1915-2015: centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel corso della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al Valor Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma (motivo per cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi d’Italia”.
Approfondisci con una ricerca ed esponi gli eventi bellici che più ti hanno colpito di quei terribili anni; commenta con tue riflessioni sia questi, che il gravoso ruolo svolto dai Carabinieri, i quali, oltre all’assolvimento dei compiti tradizionali di mantenimento dell’ordine pubblico nel Paese, furono impegnati a presidiare le prime linee durante le avanzate dell’esercito austro-ungarico, ad assistere e organizzare le retrovie sconvolte dalle colonne di popolazione civile in fuga, a svolgere delicate missioni di spionaggio e controspionaggio, ad esercitare compiti di polizia militare e ad eseguire le sentenze dei tribunali contro disertori e traditori.

SVOLGIMENTO


"Morire , non ripiegare".

Così Cadorna era solito dire per incitare l’esercito italiano a prove di tenacia ed eroismo. Quest’ultimo dimostrò subito la comprensione di tali parole.
 Il ruolo dell’Arma nella battaglia dei Podgora è stato, infatti, uno dei più limpidi esempi di caparbio attaccamento al dovere. Il 19 luglio 1915, a poco meno di due mesi dall’entrata in guerra dell’Italia, avvenuta il 24 maggio, il II° e il III° Battaglione misero in atto una straordinaria avanzata “alla baionetta” verso quota 240 del monte Podgora, presidiata dalle trincee austriache.
Alle 10,45 venne dato l’ordine di assalto e il III° Battaglione dispose le proprie compagnie su tre successivi allineamenti. Il fuoco nemico, particolarmente intenso, portò ad un rallentamento della parte centrale della prima linea, costituita dall’8° Compagnia. Tale rallentamento provocò, inizialmente, un parziale arresto della 7° Compagnia, che costituiva la seconda linea, tuttavia quest’ultima riuscì, con un movimento molto ardito, a scavalcare il reparto che la precedeva e a raggiungere i reticolati nemici.
In quest’azione straordinaria perse la vita, tra gli altri, il Capitan Losco, primo ufficiale dei Carabinieri a trovare “gloriosa” morte in battaglia nella Grande Guerra.
Anche la 9° Compagnia, insieme al II° Battaglione, con gran coraggio, riuscì a raggiungere i reticolati, dove l’esercito italiano, malgrado l’intensità del fuoco austriaco, consolidò le proprie posizioni.
Questo assalto dimostrò l’eccezionale valore dei Carabinieri, i quali, come scrisse il Comandante della Brigata Pistoia, “stettero saldi ed impavidi sotto la tempesta di piombo e ferro che imperversava da ogni parte”.
Nel corso dei quattro lunghi anni di conflitto, l’esercito italiano non visse unicamente giornate di gloria, ma anche grandi sconfitte. La disfatta più importante si verificò tra il 24 ottobre e il 12 novembre 1917 e passò alla storia come battaglia di Caporetto.
Con la crisi della Russia dovuta alla rivoluzione socialista, l’esercito austro-ungarico poté trasferire numerose truppe dal fronte orientale a quello italiano. Alle 2 del 24 ottobre i soldati nemici iniziarono il loro assalto, cogliendo tatticamente impreparato il Comando italiano, che fu costretto nei giorni successivi ad ordinare la ritirata prima verso il Tagliamento, poi fino al Piave.
Fu proprio in quelle tragiche giornate che emerse maggiormente l’opera dei Carabinieri, che si distinsero in un’azione senza limiti di competenze. Dovettero mantenere le truppe compatte  e, allo stesso tempo, proteggere l’esodo della popolazione civile.
Particolarmente gravoso fu tenere a bada gli “sbandati”, cioè quei militari che, per paura oppure perché si sentivano traditi dai superiori, si davano alla fuga, mettendo a rischio non solo la propria incolumità, ma anche quella dei compagni. Tra i compiti dell’Arma vi era infatti, anche quello di reprimere i disertori, ma normalmente intervenivamo dopo una sentenza del Tribunale. Durante quella ritirata, però, furono costretti ad agire arbitrariamente, spesso a rischio della loro stessa vita.
Riuscirono a controllare la situazione in modo da evitare perdite maggiori e a permettere una riorganizzazione dell’esercito, che costituì una nuova linea difensiva sul Piave.
Se è vero che “la forza si dimostra passando attraverso difficoltà senza arrendersi”, allora l’Arma deve essere orgogliosa del valore mostrato nella Prima Guerra Mondiale. L’operato nella Grande Guerra viene ricordato proprio perché ciascun Carabiniere è fiero di indossare la propria divisa, testimoniando con le parole  e con l’esempio gli ideali gloriosi che rappresenta.
Trovo, pertanto, giusto e coerente, che i militari che, ai giorni nostri, si distinguono in azione eroiche, vengano premiati nel giorno della Festa dell’Arma , in quanto questa è stata fissata il 5 giugno poiché in questa data nel 1920 la Bandiera dell’Arma è stata insignita della prima Medaglia d’ Oro al Valor Militare, in virtù dello straordinario operato nella Grande Guerra.


Alessio Pignatelli

Il tema di Sara Raffa, vincitrice 2015 per la sezione triennio

1915-2015: Centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra.

Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel corso della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al Valor Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma (motivo per cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi d’Italia”.

SVOLGIMENTO

Duecentoventi gli alberi del Viale della Rimembranza, a Novi Ligure, vicino alla mia casa.
Non mi ero mai posta la domanda su quegli alberi e sono stati una vera scoperta in occasione di questo mio lavoro, mentre mi documentavo alla ricerca dei nomi dei  valorosi militi novesi e del basso Piemonte distintisi nel corso della Grande Guerra.
Nel 1923, un gruppo di bambini della scuola elementare Pascoli di Novi ligure piantò 237 alberi nel viale della Rimembranza: un albero per ogni novese caduto nella Prima guerra mondiale.
Mi crea una certa tristezza sapere che ai giorni nostri, per scelte varie, politiche e strategiche, diversi alberi sono stati abbattuti: è come se mancassero alla memoria collettiva alcuni nomi di eroi.

Non conoscevo gli eventi della Grande Guerra, poiché a scuola il primo ‘900 è stato poco approfondito.
In questo conflitto non mancò il grande contributo dell’Arma. Numerosi sono stati i Carabinieri valorosi; ho potuto nominarne solo qualcuno, cercando di ricordare prevalentemente quelli del basso Piemonte.
L'aeronautica fu una componente estremamente importante per via degli aerei in supporto ai soldati in trincea. Memorabili restano le parole del leggendario Barone Rossoin una lettera alla madre: " Quando volo al di sopra delle trincee fortificate e i soldati gridano di gioia.... Madre, questa è la mia ricompensa più bella".
Ben 173 furono i piloti militari che si arruolarono nelle file dei Carabinieri, numerosi dei quali si distinsero per audacia e competenza.
Ernesto Cabruna, tortonese, a 18 anni si arruolò nei Carabinieri a Roma.
Già a 19 anni si distinse nelle operazioni di salvataggio delle popolazioni durante il terremoto che nel 1908 colpì la Calabria e la Sicilia.
Gli venne assegnato il comando della Stazione Carabinieri di Salbertrand, ma decise di partecipare come volontario durante una battaglia sull'altopiano di Asiago nel 1915, vedendosi assegnata la medaglia di bronzo  al valor militare per aver coraggiosamente soccorso dei feriti.
Tra i piloti merita sicuramente di essere ricordato il Maggiore Cosma Manera che riuscì a salvare un gruppo di soldati prigionieri nelle steppe siberiane organizzando due plotoni e, tra varie avventure, li riportò  in salvo in Manciuria, Cina, soccorrendone circa 8000.
Le trincee erano come dei gironi danteschi in cui i soldati vivevano in condizioni disumane, con il costante pensiero della morte fuori da quel rifugio da cui dovevano uscire e combattere con baionette, mazze ferrate, vanghe e qualche mitragliatrice. Sapevano che ogni loro giorno sarebbe potuto essere l'ultimo, ma dovevano obbedire all'ordine degli ufficiali.
La solidarietà era un valore ben presente: il vivere in quel modo angusto, umiliante, sacrificato li faceva sentire coesi e "nella stessa barca".
A volte c'erano delle ribellioni che venivano sedate con la fucilazione.
Tutti gli italiani, nessuno escluso, venivano chiamati alla guerra e chi scappava o cercava rifugio nelle campagne veniva ricercato dai Carabinieri.
I compiti dell’Arma erano diversi: dovevano difendere le città da incursioni nemiche, si occupavano di prevenzione e repressione dei reati comuni, vigilavano sulle truppe di soldati durante i trasferimenti, proteggevano obiettivi sensibili come armerie, porti, linee ferroviarie, si occupavano della ricerca di disertori, proprio come il Carabiniere Luigi Sorgente, ucciso per mano di un fuggiasco.
Il caos regnava ovunque e spesso si trovavano a dover sedare rivolte popolari esplose per la penuria di cibo, come accadde a Torino dove  fu incendiata la chiesa di san Bernardino.
Non era una novità per i Carabinieri essere impiegati in eventi bellici, ma quello della Prima guerra mondiale fu il primo di proprozioni tanto vaste. Benché non fossero impiegati direttamente sui campi di battaglia, migliaia di uomini dell’Arma persero la vita collaborando coi combattenti e proteggendo i civili.
Edmondo De Amicis descrive, nel sacrificio del Tamburino sardo, seppure di molti anni prima, una scena  che era consueta durante i conflitti, con i Carabinieri a protezione della città e i cittadini certi  di potersi rivolgere a loro in caso di bisogno.
Sicuramente uno dei compiti più ingrati era la ricerca dei disertori che, una volta catturati, laddove non si recassero con immediatezza al fronte, venivano fucilati, spesso dai loro stessi commilitoni, per rendere la punizione più esemplare.
Il 19 luglio del 1915 tre battaglioni di Carabinieri furono protagonisti dell'assalto al monte Podgora, viatico nella riconquista di Gorizia. Erano stati mandati in 1600 e, nell'attesa che venisse loro ordinato l'attacco, contrassero il colera. Circa 300 di loro perirono per l'epidemia, mentre i sopravvissuti non versavano in buone condizioni. Il 19 luglio arrivò l'ordine di partire all'attacco e tutti, ufficiali e non, balzarono  fuori dalla trincea, attraverso il filo spinato. Gli ufficiali, con la pistola in pugno, inneggiando alla famiglia reale italiana, guidavano le truppe perendo per primi, mentre davano l'esempio ai  subordinati. I giornali austriaci parlarono di uomini che "parevano ubriachi". Probabilmente l'alcool rappresentò per tanti soldati l'unico sistema per farsi forza in una guerra dalle modalità assurde. Si dice che molti utilizzassero l'assenzio, potentissimo alcolico, proprio per avere il coraggio di andare all’attacco.
Dal 1894 il Corpo dei Carabinieri ha una sua bandiera, simbolo dell'unità nazionale, che per la prima volta fu portata in battaglia proprio nel combattimento di Podgora. 
Nel 1920 è Stata conferita la medaglia d'oro al valor militare alla Bandiera dei Carabinieri, grande esempio di eroismo, abnegazione e assolvimento del dovere da parte dei Carabinieri.

L’Italia ripudia la guerra, come recita la nostra Costituzione del 1948, e per questo i Carabinieri continuano ad essere presenti in paesi esteri a protezione di popolazioni vessate da governi antidemocratici.
Hanno operato in Palestina negli anni ‘90, nei Balcani, nell'ex-Jugoslavia nel corso dell’ ultima tremenda guerra civile, spesso con compiti di polizia internazionale, e in Iraq dove, a Nassiriya, nel 2003, diversi Carabinieri rimasero uccisi durante un attentato dinamitardo alla loro base. Tale impresa criminosa costò l'eroico sacrificio del Carabiniere Andrea Filippa che, nell’intento di sventare il colpo, riuscì a fermare i due attentatori presenti sul camion e intenzionati a entrare nella base per uccidere tutti i presenti.
A memoria dei caduti della Grande Guerra e di tutti coloro che si sono sacrificati in nome di alti ideali, restano gli alberi nel viale, che paiono rinnovare, nelle giornate autunnali, con la caduta delle loro foglie, le lacrime dei nostri Caduti che mormorano una preghiera alla Virgo Fidelis.
Nella certezza che non esiste inverno senza primavera, né notte senza mattina, questi alberi al contempo evocano la rinascita dell'uomo a nuova vita , con le parole del  poeta Ungaretti:  “M'illumino d' immenso”.


Sara Raffa