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domenica 10 dicembre 2017

Il tema del giovane Filippo Salvati, primo nipote di Piero. Fuori concorso, ha colpito e commosso la Commissione, che lo ha considerato come il miglior elaborato di questa 11a Edizione delle Borse di Studio "Piero Salvati"

"Un comportamento bullo è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c'è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare" (Sharp e Smith, 1995)”. 
Sul sito dei Carabinieri si legge questo invito: “Se avete avuto esperienze dirette o indirette di bullismo recatevi alla Stazione Carabinieri più vicina”.
Quali sono le tue riflessioni e a quali eventuali esperienze questo argomento ti rimanda nella tua storia scolastica?

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Quale pensi possa essere il ruolo ed il peso dell’Arma nel contrastare la diffusione di questo crimine?

Ciao bullo,
sai che non ricordo nemmeno come tutto è iniziato? O forse sì… Mi dissi che non avevi visto ragazza più grassa di me e che non avrei mai trovato un ragazzo a cui potessi piacere.

Io non vivo in città, ma in un paesino a cavallo di un torrente con solo asilo ed elementari.
Il primo giorno di medie fu abbastanza traumatico, non conoscevo nessuno e mi sedetti di fianco a Te, ultima fila, l'unico posto rimasto. Iniziasti dapprima a prendere le penne dal mio astuccio, che accuratamente mi ero preparata per il primo giorno di scuola. Io sono una bambina timida e mai avrei avuto il coraggio di farlo notare all’insegnante.
I giorni passano e gli scherzi peggiorano. Mi prendevi i libri che tu non portavi da casa, mi rubavi la merenda e buttavi il diario nel cestino. Ed io zitta, subivo.
La prima verifica di matematica fu però il vero inizio di questa tortura. Mi strappasti il foglio del mio compito dal banco per copiare, colta alla sprovvista, ebbi allora il coraggio di alzare la mano e dirlo all’insegnante. Tu presi una nota e ti spostarono di banco.
“Finalmente”- pensai - “adesso mi lascerà stare”. Ma se da una parte finivi con i dispetti fisici, credo per paura di essere colto di nuovo dall’insegnante, iniziasti con il torturarmi psicologicamente.
Gli insulti erano vari: sulla situazione economica della mia famiglia e sul paese in cui vivo fino al mio aspetto fisico, soprattutto al mio aspetto fisico.
Lo sport non mi è mai interessato ed in casa i miei non cucinano, tornando sempre la sera tardi da lavoro. Tutti i giorni infatti, mi scaldo qualcosa di surgelato o sgranocchio merendine tutto il pomeriggio per tirare avanti fino al giorno successivo. Questo insano stile di vita mi ha portato ad essere grassa con una forte acne al viso.
“Hey balena!”, “attenta che la sfondi quella sedia!!”, “ma non ti lavi la faccia ogni tanto?!”.
Sono queste le parole che mi accompagnano durante la giornate dalle otto di mattina fino all’una e trentasette, quando, dopo altri quaranta minuti di autobus, posso finalmente tornare a casa.
Ogni giorno mi guardo allo specchio ed ogni giorno piango, piango forte. Cerco di strapparmi con le mani la ciccia dai fianchi e con le dita ancora unte dalla pizza surgelata mi sfrego la faccia tentando di nascondere quei maledetti brufoli che mi fanno etichettare come sporca.
A mamma e papà non dico niente, non voglio preoccuparli. Le poche volte che ci parlo si sfogano del loro lavoro e  dei problemi che hanno con i loro famigliari. Perchè dovrei impensierirli ancora di più? Non mi hanno mai chiesto niente, perchè dovrebbe interessarli?

Mi sento sola, non so chi parlare, per questo Ti scrivo questa lettera. Con oggi sono cinque mesi che ti conosco, centocinquanta giorni che mi insulti, tremilaseicento ore che non mi sento accettata da nessuno, duecentosedicimila minuti, attimi, volte che ho pensato a come portare a termine una volta per tutta questa tortura.
Sorridi perchè oggi sarai felice. Non dovrai più vedere la mia sporca faccia cicciona la mattina. Tranquillo, adesso vado a lavarmela definitivamente. Spero solo che le turbini del torrente possano accogliermi come questa vita non ha fatto.
Hai vinto.
Addio.
                                                                                    

La balena brufolosa                                                                        7-6-2005  |  13-1-2017
                                                                                                                        

Questo potrebbe essere solo un esempio degli infiniti casi di bullismo che si verificano in Italia e nel mondo ogni giorno.
Ragazzini vittime di bullismo, spesso durante il periodo delle medie, trovano l’unica soluzione alle loro sofferenze togliendosi la vita.
Il bullo, come molti sanno, è un individuo insicuro, che riversa le proprie insicurezze e frustrazioni interiori prendendo di mira persone più deboli caratterialmente e fisicamente di lui.
Una volta individuata la preda, persiste fino allo sfinimento fisico e psicologico di essa.
Ciò che spaventa e disorienta il bullo, invece, è una forte presa di posizione della vittima contro di lui, specialmente se supportata da autorità o figure importanti quali genitori.
E’ importantissimo che la vittima non si senta mai sola; per questo anche un semplice dialogo di conforto con essa può essere fondamentale.
“Purtroppo” però, con l’avvento di internet e dei social network, è tanto più facile per il bullo nascondere la propria identità e perseverare nel proprio intento, quanto difficile essere smascherato dalle vittime e autorità competenti.
I carabinieri, in quanto forze dell’ordine, dovrebbero attuare un forte rastrellamento in giro per le scuole, luogo in cui i nostri ragazzi passano la maggior parte delle loro giornate, perché la prevenzione è la miglior soluzione di ogni problema. Parlare. Questo deve essere alla base di un possibile discorso ad una classe. Nessuno è da solo e l’insegnante deve essere la prima persona da avvertire. Ma soprattutto intervenire. Sempre. Se si assiste ad un episodio di bullismo, bisogna fare un passo avanti in favore della vittima e rendere plateale al pubblico, ma più importante al bullo, che la vittima non è da sola.
I bulli c’erano, ci sono e ci saranno sempre, per questo un piano di azione in loro aiuto è auspicabile, ma non di primaria importanza.
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Anche perchè un bullo senza vittime, non è più un bullo.

Filippo Salvati, 24 novembre 2017

1 commento:

oberttafoya ha detto...

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