TEMA
- 1915-2015:
centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel
corso della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al
Valor Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma
(motivo per cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò
le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al
dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria
delle armi d’Italia”.
Approfondisci con una ricerca ed esponi gli eventi bellici
che più ti hanno colpito di quei terribili anni; commenta con tue riflessioni
sia questi, che il gravoso ruolo svolto dai Carabinieri, i quali, oltre
all’assolvimento dei compiti tradizionali di mantenimento dell’ordine pubblico
nel Paese, furono impegnati a presidiare le prime linee durante le avanzate
dell’esercito austro-ungarico, ad assistere e organizzare le retrovie sconvolte
dalle colonne di popolazione civile in fuga, a svolgere delicate missioni di
spionaggio e controspionaggio, ad esercitare compiti di polizia militare e ad
eseguire le sentenze dei tribunali contro disertori e traditori.
SVOLGIMENTO
Durante la Prima Guerra Mondiale
(1915-1918) l’Arma dei Carabinieri fu impegnata sia sul campo di battaglia,
nelle prime linee e nelle retrovie, sia nelle faccende intestine, oltre che
nelle missioni di spionaggio e controspionaggio. I Carabinieri avevano dunque
molti oneri da sostenere tra cui il recapito di ordini, polizia giudiziaria,
vigilanza sanitaria, mantenimento dell’ordine nei centri abitati e sicurezza nelle
comunicazioni.
Nel corso della Grande
Guerra morirono oltre 1400 carabinieri e circa 5000 furono feriti. Molti di
questi si distinsero per il coraggio, per l’attaccamento al dovere e per
l’eroismo dimostrato in battaglia.
Furono decorati interi
reparti o singoli militari con 4 medaglie d’oro, 304 di argento, 831 di bronzo
e 801 croci di guerra al valore militare. Molti di questi furono autori di veri
e propri atti di eroismo.
Uno di loro fu Ernesto
Cabruna, soprannominato il “combattente dei cieli”.
Ernesto, abilissimo
pilota, fu il primo dei cosiddetti “eroi dell’aria”: piloti di alta
preparazione che vantavano brillanti risultati nei combattimenti aerei.
Nacque nel 1889 a
Tortona, si arruolò nell’Arma molto giovane e già a diciannove anni si distinse
per i soccorsi prestati nella città di Messina, devastata dal terremoto. Nel
1914 fu accolta la sua domanda per il Genio Aviatori di Torino e pochi mesi
dopo si qualificò per il pilotaggio.
In un primo momento
Ernesto venne impiegato solo per il lancio di volantini e per giri di
ricognizione, ma quando ricevette il brevetto per pilotare il biplano da caccia
dimostrò subito il suo valore abbattendo in pochi mesi ben tre aerei nemici e
diventando molto presto il terrore dei cieli.
Dopo essere stato
promosso a sottotenente distrusse due caccia nemici in soli cinque giorni. In
questo modo guadagnò due medaglie d’argento. Poi nel novembre del 1917, pur
essendo ferito a un braccio, fece cadere due aerei presso Aiello. Alla fine
della Guerra fu insignito di una medaglia d’oro per l’eccellente servizio
prestato.
Altri eroi degni di
essere ricordati furono i combattenti della seconda offensiva sull’Isonzo, nota
anche come la Battaglia di S. Michele, avvenuta nel luglio 1915.
Qui 2500 Carabinieri
volontari, provenienti da Firenze, Ancona, Bari e Palermo, comandati da Antonio
Vannugli, furono incaricati di passare attraverso una breccia a Gorizia. Gli
uomini dell’Arma diedero il cambio alla 36esima Fanteria, presidiando una delle
trincee più infuocate ed esposte al tiro nemico, tanto che furono decimati,
anche a causa della scarsa efficienza delle armi date loro in dotazione.
Vannugli ordinò ai suoi uomini di lanciarsi “senza esitazioni”, ma le potenti
mitragliatrici degli Austriaci sopraffecero a tal punto gli Italiani che fu
stabilita la ritirata.
Ho riflettuto sulla
condizione fisica e psichica dei militari impegnati nella guerra del ’15-’18,
nota come l’ultima grande guerra di posizione, in cui venne adottata
soprattutto la tecnica del logoramento. I militari vivevano in condizioni
precarie, tra feci e pidocchi, puzza e sporcizia, con la consapevolezza che
uscire dalla trincea significasse andare incontro a morte quasi certa.
Mi chiedo quali
fossero le loro riflessioni durante i lunghi ed estenuanti turni di guardia.
Probabilmente pensavano ai propri cari, al futuro e sperato ritorno.
Mi domando come
facessero a lanciarsi con foga e rabbia nella battaglia cruenta, corpo a corpo,
contro altri uomini come loro, che probabilmente avevano gli stessi pensieri.
Mi ha emozionato
venire a conoscenza della cosiddetta “Tregua di Natale”, ovvero la breve
interruzione degli scontri nel periodo natalizio del 1914, tra la fazione
tedesca e quella inglese. Alla Vigilia di Natale successe qualcosa di
incredibile, ma che rappresenta ciò che più di umano c’era nei pensieri dei
militi. Infatti, oltre ai “cessate il fuoco” stabiliti, si organizzò una
partita di calcio nella ‘terra di nessuno’, a manifestazione del forte
desiderio di pace delle truppe.
Purtroppo, durante la
Prima guerra mondiale, ai Carabinieri fu affidato anche l’ingrato compito di
punire i disertori. I casi nell’esercito italiano furono superiori rispetto alle
altre milizie poiché, a causa dell’obsolescenza delle armi e dell’inefficacia
delle strategie militari, spesso i soldati erano consapevoli di combattere una
battaglia persa in partenza.
I Carabinieri, aggregati ad ogni reparto con
compiti di polizia militare, unitamente agli ufficiali e ai
sottufficiali dell’Esercito, potevano sparare a vista sui ribelli, su chi si
rifiutasse di avanzare o su chi ripiegasse disordinatamente perché mitragliato
dall’esercito nemico.
Per quest motivo
stavano in fila dietro ai soldati, pronti a sparare su chi non andava
all’assalto o si ritirava.
Trovo particolare il
fatto che i militi dovessero a volte fucilare i loro compagni di battaglione.
Un Carabiniere
impegnato in battaglia come fa ad uccidere un suo compagno di vita e di morte?
Per scrivere questo tema mi sono documentato con ricerche su
vari siti online, ma soprattutto sul libro “Storia dei Carabinieri” di
Francesco Grisi, 1996.
Giacomo Salvati
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